martedì 21 aprile 2015

K. Stanislavskji: "Non ho parole!"


La gran parte della didattica teatrale italiana vive su un clamoroso equivoco: far passare per “scientifici” termini che non lo sono. Soprattutto quella didattica che “chiede soldi”, e il cui risultato principale è quello di creare mandrie di poveri illusi che non avranno mai un vero futuro teatrale, forse lo avranno nel rutilante mondo dello spettacolo, un futuro spesso breve, ma certamente no nel mondo del teatro.
Energia, psicologia del personaggio, calarsi nel personaggio, immedesimazione... sono solo alcuni di quei termini. E, caso singolare, la stragrande maggioranza degli stupratori di terminologia, citano sempre, costantemente, e constantemente a sproposito Konstantin S. Stanislavskji.
Stanislavskji è stato sicuramente un immenso Maestro, ciò di cui non sono sicuro è che sia stato il più grande. La sua fama è tutta, ma proprio tutta meritata. C’è però da chiedersi se, come Freud con la psicanalisi, se un pezzettino almeno di questa fama non sia da attribuire al fatto che egli sia stato il primo. Cioè il primo che abbia preso carta e penna e abbia cercato di metodologizzare, di dare un ordine, di tirare fuori dalle secche della semplice e diretta comunicazione pratica il mestiere dell’attore per dargli una forma ampiamente e pienamente professionale.
Teorie, metodo, idee, approccio, ecc. del Russo sono certamente interessanti e imporanti, ma credo proprio che gran parte della sua gloria – come appunto nel caso di Freud – gli vada riconosciuta per il fatto di avere messo il primo punto fermo, e tutti, ma proprio tutti, dopo di lui, non hanno potuto prescindere dal raffrontarsi con il suo lavoro.
Ebbene, K. Stanislavskji, nella Introduzione al suo “Il lavoro dell’attore su se stesso”, a chiare lettere scrive:
Il mio libro non ha pretese scientifiche. Il mio scopo è esclusivamente pratico. Voglio insegnare agli attori principianti un corretto approccio all’arte […]La terminologia a cui ricorro non è stata inventata da me ma nasce dalla pratica stessa, viene dagli stessi attori esordienti. Sono loro che, nella fase stessa del lavoro, hanno definito verbalmente le loro emozioni creative. La loro è una terminologia preziosa, in quanto comprensibile e chiara a tutti gli attori principianti.
Non sforzatevi di trovare delle basi scientifiche, il nostro è un lessico teatrale, un modo di parlare da attori suggerito dalla vita stessa. È vero che noi ricorriamo a termini scientifici quali “inconscio” e “intuizione” ma non le usiamo in senso filosofico, quanto piuttosto nel loro valore più semplice e diffuso. Non è colpa nostra se il nostro campo creativo è stato trascurato dalla scienza e se ci mancano termini appropriati per descrivere in pratica il nostro lavoro creativo. Per superare l’ostacolo siamo ricorsi a strumenti nostri, come dire, fatti in casa

Mi pare abbastanza chiaro e non c’è molto altro da aggiungere. Solo, non vi dico “diffidate!”, ma guardate con un minimo di distacco critico coloro che vi descrivono il lavoro dell’Attore come una sorta di scienza e cercano di convincervi che basta seguire un preciso metodo e tutti, ma proprio tutti potranno diventare Attori.
Spesso lo fanno nel nome di Stanislavskji, spessissimo lo fanno mentre gli state elargendo una cospicua retta mensile.
Sappiate che Konstantin non avrebbe approvato.  

Nessun commento:

Posta un commento

dite pure quel che volete, siete solo pregati di evitare commenti inutili e volgarità.