venerdì 5 giugno 2015

LA SCRITTURA TROVATA: Goldoni o dell'incompreso (1)


O voi ch’avete li ‘ntelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ‘l velame de li versi strani.

(ossia mettetevi comodi perché sarà a rate, lungo e complicato...
I teatranti troveranno molte cose che già sanno, ma qui mica si scrive solo per loro. A loro, al limite, glie telefono e/o glie manno ‘n messaggio su feeeeisbbuc.)


Nei suoi Mémoires, cap. VIII, Carlo Goldoni scrive:
“Scartabellando continuamente quella biblioteca trovai testi di teatro inglese, teatro spagnolo e francese, non ne trovai di teatro italiano. C’erano qua e là vecchie commedie italiane, ma nessuna raccolta o collezione che potesse far onore all’Italia.
Vidi con dispiacere, che mancava qualcosa di essenziale a questa nazione, che aveva conosciuto l’arte drammatica prima di tutte le altre, non potevo concepire come l’Italia l’avesse dimenticata, degradata e imbastardita: io desideravo ardentemente vedere la mia patria elevarsi al livello delle altre e mi promisi di contribuirvi.”
Di questi tempi, la prima cosa che salta agli occhi è che per parlare di Italia, e di Patria, Goldoni non ha bisogno di invocare un progetto di Italia unita.

Carlo Goldoni è forse l’autore più mal compreso dalla critica letteraria italiana. E ciò è certamente da attribuire al fatto che la critica letteraria italiana, non ha mai veramente compreso il Teatro. Focalizzare tutta l’attenzione sulla Riforma ha distorto le intenzioni di questo sommo autore.
Quali siano i motivi, francamente mi interessa poco saperlo. Restano i fatti; e i fatti ci dicono, per esempio, che quel passaggio dei Mémoires non è stato mai colto nella sua possente valenza.

La storiella della Riforma non regge o regge poco.
Scorrete le antologie della letteratura italiana che sono sui banchi di scuola dei nostri figli. Dove, come, quanto e quando si parla di Teatro? Praticamente mai, fatto salvo, forse, un breve accenno a La mandragola di Machiavelli.
Poi, improvvisamente, appare Goldoni. E sbrigativamente, a questo punto, i poveri professori si vedono costretti a parlare di Commedia dell’Arte. E siccome devono dir bene di Goldoni – altrimenti non si capirebbe perché stia lì, nell’antologia – non possono che fare un quadro deleterio di un fenomeno fondamentale per tutto il teatro occidentale come, appunto, la Commedia dell’Arte; la quale inevitabilmente viene mostrata come l’attività cialtrona di un manipolo di comici alla ventura, che girano la nazione e l’Europa propinando al pubblico orride gags e un repertorio stantio, ammuffito, ripetitivo e ripetuto nei secoli onde soddisfare e solleticare, a scopo di lucro, le più intime sensazioni del basso ventre popolare.
Sappiamo oggi, più che bene, che non fu e non è così! 
E, onde rafforzare il valore della presenza del Nostro, sempre nelle care antologie gli si contrappone anche un degnissimo autore come Carlo Gozzi, indicato quale sostenitore di quell’antico “ciarpame teatrale” riciclato sotto la concezione del favolistico contrapposto all’altro perno (secondo la critica) piantato dal Nostro: il rifarsi alla natura, a quello che Goldoni stesso definisce Il teatro del Mondo.

In pratica, l’antagonismo Coppi-Bartali, nasce ancor prima dell’invenzione della bicicletta...    

                            






Bene. Se tutto questo avesse un senso, fossi uno studente mi chiederei: “Dov’è che posso andare a vedere dei comici dell’arte così da capire la differenza?”. Chiaramente da nessuna parte (oppure in un qualsiasi teatro d’Italia e d’Europa visto che quel prolifico germe sempre è con noi, sempre ci guida, sempre ci sostiene. Ma mettiamo per ora da parte questo discorso).
E se dunque la risposta è “da nessuna parte”, come posso capire, praticamente, direttamente, fattiva-mente, l’importanza di questo autore? E soprattutto: se il suo maximo valore è legato alla Riforma, perché lo si continua a rappresentare visto che il suo opposto non c’è più, e le questioni poste nella Riforma sono ampiamente assorbite e superate?
Aggiungiamo pure: se la Commedia dell’Arte è fenomeno italiano e Goldoni in contrapposizione a quella lavora, perché egli è ancora così rappresentato all’estero, per esempio in Francia? Hanno avuto, forse, i Francesi il problema della Riforma, o sui loro palcoscenici non erano già passati personaggi come Molière o Racine o Corneille?

“Sì, ma non è solo la storia della Riforma – dirà il magno studioso di turno - c’è anche il forte richiamo alla natura volendo egli descrivere il teatro del mondo.”
D’accordo, d’accordissimo!, e questo è sicuramente un dato importante, anche se, ancora una volta, bisognerebbe avere la capacità di guardare oltre le semplici parole, oltre le affermazioni che paiono più che chiare: cosa vuol dire, infatti “il teatro del mondo”? E se fosse un modo per esprimere un concetto che l’autore sente chiaro dentro di sé ma non trova miglior modo per “metterlo fuori” che questo, ma esso, in realtà, più che spiegare, indica?
Questo interrogativo ve lo lascio, perché è indubbiamente generale, applicabile alla stragrande maggioranza degli autori, degli artisti, e credo anche degli scienziati.

Nel frattempo mi chiedo: nella storia della letteratura, del teatro, della pittura, della scultura, della musica, ecc. ecc. ecc. quanti sono gli autori che hanno voluto scientemente guardare alla natura per “riprodurla”?
Facciamo un gioco: ognuno di voi faccia il proprio elenco, ci infili nel mezzo Goldoni, e vedrà che questo nome si perde immediatamente in un mare magno, indubbiamente fatto di splendidi autori, ma sempre mare magno.
E sì, perché ciclicamente, quando le cose cominciano a diventare torbide, incomprensibili, quando si avverte una sorta di stop, di non voluta frenata... c’è sempre qualcuno che vuole ricominciare da zero, e lo zero dove si identifica, dove sta? Nella natura.
Non sto denigrando questo comportamento, o intenzione: la trovo invece sana, sanissima: naturale che volendo ricominciare si riparta dalla madre terra - e da dove altro vorreste cominciare? – e quindi dalla natura.
Resta il fatto che in questo modo, il Goldoni diviene uno come tanti altri. E allora (e siamo sempre al punto di partenza), dove sta questa sua importanza?
Non so se mi sono spiegato, ma per come viene spiegato, qualcosa nella spiegazione non spiega.

Quindi: perché la Riforma avrebbe sì tanto valore? Perché ne ha, certo che ne ha: in fondo, anche questo termine, Riforma, più che spiegare, indica; ma cosa indica?

Diamine, cari critici, ci siamo, ci siete vicini, ci siete sempre stati vicini: perché Goldoni scrive, si occupa, focalizza la propria attenzione sulla scrittura!
Ecco: era così complicato illustrare ai nostri studenti questo primo punto? Non mi pare.
“Bene – dirà il magno critico – ma questo lo abbiamo detto: Goldoni scrive in contrapposizione alla pratica del teatro all’improvvisa”, quindi dove sarebbe la differenza?” 






(continua...)

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